Tra proprietà privata e classi sociali

In questo intervento mi preme riprendere alcuni aspetti presenti nel grande lavoro di Friedrich Engels, “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”, a sua volta basato su un altro capolavoro di Lewis H. Morgan dal titolo “La società antica, ossia ricerche sulle linee del progresso umano dallo stato selvaggio, attraverso la barbarie, alla civiltà.”  Importante è comprendere non solo l’evoluzione delle società ma quanto recente siano lo Stato, la civiltà, il patriarcato, la storia scritta e come tutto ciò sia legato alla proprietà privata, poiché tutto ciò è legato alla produzione dei mezzi di sussistenza e alla sua radicale espansione. Quasi tutti i riferimenti in questo intervento sono tratti dal manoscritto di Engels e ciò non lo rimarcheremo sempre per non rendere il testo farraginoso.

La moderna famiglia contiene in germe, non solo la schiavitù (servitus), ma anche la servitù della gleba, poiché questa, fin dall’inizio, è in rapporto con i servizi agricoli. Essa contiene in sé, in miniatura, tutti gli antagonismi che si svilupperanno più tardi largamente nella società e nello Stato.” [1] Per famiglia moderna, Marx ed Engels intendono la famiglia monogamica, ovvero quella tipologia di famiglia legata alla civiltà, in cui è già presente la proprietà privata e l’espansione massiccia dei mezzi di sussistenza. Lì arriveremo poiché è esattamente il punto che vogliamo raggiungere con il nostro ragionamento e per fare ciò abbiamo prima bisogno di schematizzare storicamente le diverse epoche della storia umana, della preistoria, legate alla produzione. Morgan, difatti, differenzia l’evoluzione in tre epoche principali: stato selvaggio, barbarie e civiltà, e suddivide le prime due in tre stadi. Inferiore, intermedio e superiore. È assolutamente necessario riportare pezzi del manoscritto di Engels affinché il lettore si renda conto di chi era, come viveva l’essere umano, come era organizzata la sua realtà sociale e la sua produzione. Nello stato selvaggio, e in particolare nel suo stadio inferiore, l’essere umano “viveva almeno in parte sugli alberi e si trovava ancora nelle sue sedi originarie: foreste tropicali o subtropicali. Frutta, noci, radici, gli servivano di nutrimento; la formazione del linguaggio articolato è il risultato principale di questo periodo. Di tutti i popoli conosciuti in epoche storiche, neppure uno si trova più in tale stato primitivo.” Nello stadio intermedio dello stato selvaggio, invece, ha inizio “l’utilizzazione dei pesci (tra essi annoveriamo anche i gamberi, le telline e altri animali acquatici) per l’alimentazione” e comincia l’uso del fuoco. In questo frangente storico, gli arnesi da lavoro sono fatti di pietra non levigata e con il fuoco prodotto mediante attrito, si introdussero nell’alimentazione nuovi alimenti, “come radici e bulbi amidacei cotti nella cenere calda o in fossi di cottura (forni di terra); come la selvaggina che, con l’invenzione delle prime armi, clava e giavellotto, venne ad aggiungersi occasionalmente all’alimentazione.” Nello stadio superiore dello stadio selvaggio, invece, ha inizio l’utilizzo dell’arco e della freccia e la caccia diviene attività regolare.

Transitando storicamente nella barbarie, il suo stadio inferiore comincia con “l’introduzione della ceramica” ed è in questo stadio che cominciano a farsi sentire “le differenze tra le ricchezze naturali dei due grandi continenti della Terra”: il vecchio mondo, l’Oriente e l’Occidente, il continente americano. “Queste diverse ricchezze naturali producono l’effetto che d’ora in poi la popolazione di ciascun emisfero segue la propria via particolare e che le pietre miliari che separano i singoli stadi sono diverse per ognuno dei due casi.” Ciò implica che le diverse ricchezze naturali presenti a Est e a Ovest, tracciano percorsi differenti per i popoli nella transizione allo stadio intermedio della barbarie. Come vedremo in seguito, l’addomesticamento del bestiame nel vecchio mondo e la coltivazione di piante in America. Lo stadio superiore della barbarie, invece, comincia con la “fusione del ferro greggio e compie il passaggio alla civiltà con l’invenzione della scrittura.” Il passaggio, quindi, dalla preistoria alla storia o, meglio, dalla storia in termini generici alla storia scritta, è fondamentale poiché è nella civiltà che ha inizio la storia conosciuta. “Nel 1847 la preistoria sociale, l’organizzazione sociale precedente a tutte le storie scritte era come sconosciuta. Dopo d’allora Haxthausen scoprì la proprietà comune del suolo in Russia, Maurer dimostrò essere essa la base sociale da cui mossero storicamente tutte le stirpi tedesche, e a poco a poco si trovò che le comunità agricole col possesso del suolo in comune erano la forma primitiva della società, dall’India fino all’Irlanda. Infine l’intima organizzazione di questa primitiva società comunista fu messa a nudo nella sua forma tipica dalla scoperta di Morgan della vera natura della gens e della posizione di questa nella tribù. Con lo sciogliersi di queste comunità primitive ha principio la divisione della società in classi distinte che diventano antagoniste.” [2] In questa nota all’edizione inglese del Manifesto del Partito Comunista, Engels specifica che in effetti la famosa frase iniziale avrebbe dovuto essere: “La storia [scritta] di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi”.

Con il passaggio dallo stato selvaggio alla barbarie, e dalla barbarie alla civiltà, si evolve parimenti la famiglia la quale, dice Morgan, “procede da una forma inferiore ad una superiore, nella misura in cui la società si sviluppa da uno stadio inferiore ad uno superiore”. “Invece, i sistemi di parentela sono passivi e solo a lunghi intervalli registrano i progressi che la famiglia ha fatto nel corso del tempo e subiscono un mutamento radicale solo allorché la famiglia si è radicalmente cambiata.” [1] E Marx aggiunge che “lo stesso vale per i sistemi politici, giuridici, religiosi, filosofici, in generale.” In definitiva, quando la società, la quale è un complesso di rapporti sociali di produzione, si trasforma, con esso si trasforma la famiglia, mentre le sovrastrutture, inclusi i rapporti di parentela, rimangono quasi-statiche e solo lentamente si adattano al nuovo impianto strutturale. Nel caso delle tre epoche sopra menzionate, la famiglia è notevolmente diversa nell’era del paleolitico (stato selvaggio) rispetto al neolitico (barbarie) oppure ai tempi della storia scritta (civiltà). In particolare, se nello stato selvaggio vi era il matrimonio di gruppo, la famiglia di coppia si ha nella barbarie, sino ad arrivare alla monogamia nella civiltà. “La famiglia di coppia ebbe origine ai limiti tra stato selvaggio e barbarie, per lo più già nel periodo superiore dello stato selvaggio e, qua e là, solo nello stadio inferiore della barbarie. Ed è questa la forma di famiglia caratteristica per la barbarie, come il matrimonio di gruppo lo è per lo stato selvaggio e la monogamia per la civiltà.” [1] E se, come vedremo, nuovi bisogni, nuove necessità sociali non fossero apparse come incombenti, non ci sarebbe stata alcuna ragione per l’evoluzione di nuove forme familiari: “Se nuove forze motrici sociali non fossero entrate in azione, non sarebbe esistito nessun motivo perché dal matrimonio di coppia venisse fuori una nuova forma familiare.”

Sia lo stato selvaggio con la forma familiare del matrimonio di gruppo che lo stato della barbarie con la forma familiare della famiglia di coppia sono stati entrambi percorsi compiuti un po’ ovunque, sia nel cosiddetto Oriente, o vecchio mondo, sia in Occidente, ovvero nel continente americano. È solo nel vecchio mondo, però, che l’evoluzione sociale fece un balzo in avanti verso lo stato della civiltà in cui la forma familiare è la famiglia monogamica. L’America tutta, infatti, non si mosse mai dallo stato della barbarie e dalla forma familiare del matrimonio di coppia. “Nessun indizio ci fa concludere che ivi, prima della scoperta e della conquista, sia mai esistita in qualche luogo una monogamia consolidata.” [1] Il fatto che la transizione alla monogamia si sia avuto nel vecchio mondo, inclusa l’Europa, e non in America è da ricondurre alle condizioni materiali, reali, dell’ambiente circostante e, quindi, al progresso della produzione dei mezzi di sussistenza. Morgan, difatti, ci dice che “l’abilità in questa produzione è decisiva per il grado di superiorità degli uomini e del loro dominio sulla natura. Soltanto l’uomo, tra tutti gli esseri, è giunto ad un quasi incondizionato dominio sulla produzione di alimenti. Tutte le grandi epoche di progresso umano coincidono, più o meno direttamente, con epoche di allargamento delle fonti di sostentamento.” [1] Teniamo presente, infatti, che nello stadio della barbarie si fanno evidenti “le differenze tra le ricchezze naturali dei due grandi continenti della Terra” [1], e mentre l’Oriente, o il vecchio mondo, “possedeva quasi tutti gli animali atti ad essere addomesticati e tutte le specie di cereali coltivabili, eccetto una” [1], in Occidente, ovvero nel continente americano, vi era solo il lama e “anche questo, soltanto in una parte del sud, e di tutti i cereali coltivabili ne aveva uno solo, ma il migliore: il mais.” [1] Ora, Marx ci insegna che è la natura “la fonte dei valori d’uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva!)” [3], ed è proprio la differenza di ricchezze naturali tra Oriente ed Occidente condizione per un differente percorso evolutivo tra i popoli del continente americano e i popoli del vecchio mondo.

Nello stadio intermedio dello stato della barbarie ci si avvia, nel vecchio mondo, all’addomesticamento degli animali, mentre in Occidente alla “coltivazione di piante alimentari per mezzo dell’irrigazione”. Se da un lato, l’Occidente non superò mai lo stadio intermedio della barbarie, dall’altro l’Oriente transitò dallo stadio superiore, in cui comincia la fusione del ferro, la coltivazione dei campi e l’agricoltura su larga scala grazie a nuovi strumenti quali il vomere di ferro tirato da bestie, e si ha di conseguenza un incremento enorme della produzione dei mezzi di sussistenza, alla civiltà “con l’invenzione della scrittura alfabetica e con il suo uso per trascrizioni letterarie.” Con l’aumento illimitato della produzione dei mezzi di sussistenza, ne consegue l’aumento della popolazione nel vecchio mondo e, il concentramento in piccole zone dovute all’emergere del possesso personale, della proprietà privata. “Il fiore più alto dello stadio superiore della barbarie ci si offre con i poemi omerici, principalmente con l’Iliade. Strumenti di ferro notevolmente perfezionati, il mantice, il mulino a mano, la ruota del vasaio, la preparazione dell’olio e del vino, una progredita lavorazione dei metalli in via di diventare artigianato artistico, il carro comune e il carro da combattimento, la costruzione di battelli con travi ed assi, i primi passi dell’architettura come arte, città turrite e merlate, circondate di mura, l’epica omerica e tutta la mitologia: queste sono le principali eredità che i Greci portarono dalla barbarie nella civiltà.” [1]

Abbiamo visto, quindi, che nello stadio intermedio della barbarie inizia nel vecchio mondo l’addomesticamento di bestiame e che nello stadio superiore l’utilizzo di nuovi strumenti e degli animali porta ad un forte incremento dei mezzi di sussistenza e, quindi, della popolazione. È evidente che “l’addomesticamento degli animali e l’allevamento di armenti avevano sviluppato una fonte di ricchezza fino ad allora sconosciuta e avevano creato condizioni sociali del tutto nuove” [1]. In particolare, gli armenti di cavalli, asini, buoi, pecore, capre e porci, necessitavano sorveglianza e ciò portò al soddisfacimento di due bisogni: uomini che avrebbero dovuto sorvegliare il bestiame, ovvero gli schiavi, e lo sviluppo della proprietà privata degli armenti. La schiavitù, quindi, è un prodotto della necessità di salvaguardare la proprietà privata del bestiame e ciò riconduce alla necessità di concentrazione in zone ristrette. Mentre, difatti, nello stadio inferiore della barbarie lo schiavo non esiste poiché è privo di valore, anzi, le popolazioni in questo stadio di sviluppo “si comportavano con i nemici vinti in modo del tutto diverso da quel che accadde in uno stadio superiore”, “con l’introduzione dell’allevamento del bestiame, della lavorazione dei metalli, della tessitura, e infine dell’agricoltura, le condizioni mutarono” [1]. Ed è in tale passaggio che muta anche la situazione familiare la quale da famiglia di coppia, sino ad allora matriarcale, fondata sulla linea femminile di discendenza, va tramutandosi in famiglia monogamica, patriarcale. L’accumulazione delle ricchezze della natura, e l’aumento dei mezzi di sussistenza, “una volta passate nel possesso privato delle famiglie e qui rapidamente moltiplicate, dettero alla società fondata sul matrimonio di coppia e sulla gens matriarcale, un colpo potente” [1]. “Accanto alla madre carnale esso [il matrimonio di coppia] aveva posto il padre carnale autentico […]. Secondo la divisione del lavoro nella famiglia allora in vigore, toccava all’uomo procacciare gli alimenti, come anche i mezzi di lavoro a ciò necessari, e quindi anche la proprietà di questi ultimi. L’uomo poi, in caso di separazione, se li portava con sé, come la donna conservava le sue suppellettili domestiche. Secondo l’uso della società d’allora, dunque, l’uomo era anche proprietario delle nuove fonti d’alimentazione, del bestiame e, più tardi, dei nuovi strumenti di lavoro: gli schiavi” [1]. Il patrimonio, però, rimaneva alla gens che sino alla famiglia di coppia era stata di matrice matriarcale, e quindi escludeva i discendenti diretti del padre dall’eredità. “I figli dell’estinto però non appartenevano alla sua gens, ma a quella della loro madre; essi ereditavano dalla madre, in principio con gli altri consanguinei, più tardi forse con diritto di priorità, ma non potevano ereditare dal padre poiché essi non appartenevano alla sua gens, e il suo patrimonio doveva rimanere in questa gens. Alla morte del possessore di armenti, i suoi armenti sarebbero quindi passati, anzitutto, ai suoi fratelli e sorelle e ai figli delle sue sorelle o ai discendenti delle sorelle di sua madre. I figli suoi però erano diseredati” [1].

È solo quando la proprietà privata degli armenti fece capolino nella storia che la posizione dell’uomo acquistò maggiore importanza nella famiglia rispetto a quella della donna, e tale posizione rafforzata venne usata per “abrogare, a vantaggio dei figli, la successione tradizionale” gentilizia, e quindi di matrice matriarcale, e ciò portò alla definitiva emersione del patriarcato e alla stretta familiare con la ipocrita monogamia. “Bastò semplicemente decidere che, nel futuro, i discendenti dei membri di sesso maschile rimanessero nella gens e ne fossero esclusi però quelli dei membri di sesso femminile poiché essi passavano nella gens del padre. Così il calcolo della discendenza in linea femminile e il diritto ereditario matriarcale furono abrogati e fu introdotta la discendenza in linea maschile e il diritto ereditario patriarcale.” [1]

La proprietà privata, quindi. Il fine di tutta questa nuova organizzazione familiare è nella custodia di armenti in un territorio limitato, definito. È la proprietà privata dei mezzi per la produzione, delle ricchezze naturali, che causò “il rovesciamento del matriarcato”. “L’uomo prese nelle mani anche il timone della casa, la donna fu avvilita, asservita, resa schiava delle sue voglie e semplice strumento per produrre figliQuesto stato di degradazione della donna come si manifesta apertamente, specialmente tra i Greci dell’età eroica e, ancor più, dell’età classica, è stato poco per volta abbellito e dissimulato e, in qualche luogo, rivestito di forme attenuate, ma in nessun luogo eliminato.” Ma è nell’organizzazione della famiglia romana che si compie il definitivo trapasso ad uno schema in cui “non liberi” e la patria podestà convivono fortemente. “Una tale forma di famiglia [la moderna famiglia a cui Marx si riferisce e che all’inizio di questo intervento abbiamo riportato] segna il passaggio dal matrimonio di coppia alla monogamia. Con la famiglia patriarcale entriamo nel campo della storia scritta”, e la famiglia patriarcale è il prodotto della proprietà privata degli armenti, degli strumenti per la produzione, delle ricchezze naturali. Gli armenti passarono da possesso comune della tribù o della gens a proprietà privata dei singoli capi di famiglia in questo stadio. “Con gli armenti e le altre nuove ricchezze si effettuò nella famiglia una rivoluzione. La produzione era stata sempre affare dell’uomo, ed erano stati di sua proprietà i mezzi di produzione che egli aveva costruito. Gli armenti erano il nuovo mezzo di produzione, perciò prima addomesticarli e in seguito custodirli era lavoro che spettava all’uomo. A lui dunque apparteneva il bestiame, a lui le merci e gli schiavi avuti in cambio di bestiame. Ogni eccedenza che ora la produzione forniva spettava all’uomo: la donna partecipava all’usufrutto, ma non alla proprietà.” Ma alla fine dei conti, come Marx affermava nella Sacra famiglia, “il grado di emancipazione della donna dà la misura dei progressi di tutta la società” e tale emancipazione è subordinata al superamento della proprietà privata dei mezzi di produzione e di sussistenza. Ciò significa che l’emancipazione di qualsiasi donna è subordinata all’emancipazione dell’operaia, della lavoratrice salariata: “dal rapporto del lavoro estraniato con la proprietà privata segue inoltre che l’emancipazione della società dalla proprietà privata, ecc., dalla schiavitù si esprime nella forma politica dell’emancipazione degli operai, non già come se si trattasse soltanto di questa emancipazione, ma perché in questa emancipazione è contenuta l’emancipazione universale dell’uomo; la quale è ivi contenuta perché nel rapporto dell’operaio con la produzione è incluso tutto intero l’asservimento dell’uomo, e tutti i rapporti di servaggio altro non sono che modificazioni e conseguenze del primo rapporto.” [4] E’ nel conflitto tra classi sociali, tra lavoratrici e lavoratori con interessi diversi e conflittuali rispetto alle capitaliste e ai capitalisti, che emerge la speranza per l’emancipazione dell’essere umano, poiché, come riporta Marx nel Capitale, “per quanto terribile e repellente appaia la dissoluzione della vecchia famiglia entro il sistema capitalistico, cionondimeno la grande industria crea il nuovo fondamento economico per una forma superiore della famiglia e del rapporto fra i due sessi, con la parte decisiva che essa assegna alle donne, agli adolescenti e ai bambini d’ambo i sessi nei processi di produzione socialmente organizzati al di là della sfera domestica.”

[1] F. Engels, di Marx in L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Editori Riuniti

[2] F. Engels, nota all’edizione inglese del Manifesto del Partito Comunista, 1888

[3] K. Marx, Critica al Programma di Gotha, bordeaux, 2018

[4] K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Piccola Biblioteca Einaudi

Pubblicità